Iran: pensando l’impensabile

Fonte FPIF/AntiWar
di Conn Hallinan, Foreign Policy in Focus

Israele, supportata dall’amministrazione Bush, si sta preparando a lanciare una guerra atomica contro l’Iran? Il 7 gennaio, il Sunday Times di Londra ha affermato che il governo israeliano sta pianificando di attaccare i centri per l’arricchimento dell’uranio iraniani con armi nucleari tattiche. Mentre il governo israeliano ha negato la storia, le recenti dichiarazioni da parte di importanti ufficiali e figure militari israeliane, assieme alle recenti minacce della Casa Bianca contro l’Iran e la Siria e il trasferimento di comandanti americani nel Medio Oriente, suggeriscono che la possibilità è reale.

Il primo ministro israeliano Ehud Olmert definisce l’Iran una “minaccia esistenziale”, e il deputato ministro della difesa Ephraim Sneh recentemente ha detto, “Si sta avvicinando il tempo in cui Israele e la comunità internazionale dovranno decidere se adottare azioni militari contro l’Iran”. Un ufficiale delle Forze di Difesa Israeliane (IDF, Israel Defense Force) ha detto al Jerusalem Post che “solo un attacco militare da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati fermeranno l’Iran dall’ottenere le armi nucleari”.

Il brigadier generale Oded Tira, ex comandante delle unità dell’artiglieria dell’IDF, non solo incoraggia un attacco contro l’Iran, ma dato che “il presidente Bush non ha il potere politico per attaccare l’Iran”, Israele ed i paesi che lo appoggiano “devono fare pressione sul partito democratico e gli editori dei giornali statunitensi” per spianare la strada ad un simile attacco. Tira dice che se gli americani non agiscono, “lo faremo noi”.

Secondo il Times, l’attacco userà una combinazione di bombe a guida laser convenzionali e “bunker buster” nucleari tattici da un chilotone. Gli obiettivi sarebbero le centrifughe a Natanz, un impianto di conversione dell’uranio vicino Isfahan e il reattore di acqua pesante ad Arak.

Una fonte ha detto al Times, “Appena sarà dato il via libera, sarà una missione e un attacco e il progetto nucleare iraniano sarà demolito”.

Un bluff?

Un bluff per spaventare gli iraniani? Può darsi, ma una serie di articoli pubblicati nell’ultimo mese indicano che l’amministrazione Bush sta anche cercando di allargare il conflitto in Medio Oriente e che il tempo concesso all’Iran starebbe per finire.

Nel suo discorso del 10 gennaio in cui annunciava l’aumento delle forze in Iraq, il presidente ha accusato l’Iran e la Siria di aiutare i “terroristi” e ha avvertito: “troveremo e distruggeremo le reti” che stanno addestrando e armando “i nostri nemici in Iraq”. Secondo il New York Times, il presidente ha ordinato molti raid contro diplomatici e consiglieri in Iraq, accusandoli di fornire dispositivi esplosivi avanzati improvvisati agli insorgenti iracheni.

Mentre nelle ultime elezioni c’è stato un ripudio per le politiche neoconservative di aggressivo militarismo, molti di quei neoconservatori stanno sostenendo l’aumento delle forze in Iraq. Il “new way forward” (nome del piano che aumenterà il numero di truppe in Iraq) del presidente Bush è scaturito direttamente da una pubblicazione sulle politiche da seguire di Frederick Kagan dell’American Enterprise Institute (AEI), il think tank neoconservativo che ha spinto molto per l’iniziale invasione dell’Iraq. Kagan, assieme a William Kristol, editore del neoconservatore Weekly Standard, ha realizzato il piano che invierà più di 20.000 truppe in Iraq.

Ma l’invio delle nuove truppe è solo per l’Iraq? Secondo Robert Parry (voce su wikipedia), autore di Secrecy & Privilege: Rise of the Bush Dynasty from Watergate to Iraq (Segretezza e Privilegio: l’Ascesa della Dinastia Bush da Watergate all’Iraq) ed ex giornalista dell’Associated Press e di Newsweek, “una fonte familiare con il pensiero di alto livello di Washington e Tel Aviv ha detto che un motivo non dichiarato dell’improvviso aumento di truppe da parte di Bush è di rinforzare le difese della Green Zone di Baghdad (la Zona Verde, un’area all’interno di Baghdad di 8 kilometri quadrati dalla quale l’Autorità Provvisoria della Coalizione, stabilita come governo provvisorio dopo l’invasione dell’Iraq, ha guidato il paese prima che questo avesse un nuovo governo definitivo, ndt) per eventuali rivolte da parte degli sciiti iracheni dopo l’eventuale attacco israeliano contro l’Iran.

I neoconservatori potrebbero aver benissimo architettato l’espulsione di John Negroponte, direttore della sicurezza nazionale, dato che aveva detto che l’Iran non avrebbe potuto produrre armi nucleari entro il prossimo decennio. L’affermazione aveva indignato i neoconservatori e contraddiceva direttamente le valutazioni allarmistiche dell’intelligence israeliana che prevedevano che Teheran avrebbe potuto avere testate nucleari entro meno di due anni.

Se gli Stati Uniti intendono colpire l’Iran o appoggiare un tale attacco da parte di Israele, allora hanno proprio nominato l’uomo giusto per questo lavoro. Il nuovo capo del Central Command (CENTCOM), che supervisiona il Medio Oriente, l’ammiraglio William Fallon, è l’ex capo dello United States Pacific Command e un esperto di guerra aerea. Fallon ha comandato uno stormo di bombardieri tattici A-6 in Vietnam, un gruppo da battaglia di portaerei (carrier wing) e una portaerei. Come comandante in pensione della Marina degli Stati Uniti, Jeff Huber scrive su Pen and Sword (Penna e Spada), “se qualcuno sa come dirigere un’operazione marittima e aerea contro l’Iran, questo è ‘Fox’ Fallon”.

Fallon è anche vicino ai neoconservatori e ha partecipato alla cerimonia di premiazione del 2001 del Jewish Institute for National Security Affairs (JINSA – voce su wikipedia), un think tank che ha spinto fortemente per la guerra in Iraq e che al momento sta facendo pressione per attaccare l’Iran. Il vice presidente Dick Cheney e l’ex ambasciatore delle Nazioni Unite John Bolton sono entrambi ex membri del JINSA. L’organizzazione ha sponsorizzato nel 2003 una conferenza intitolata “Time to Focus on Iran – The Mother of Modern Terrorism” (“È ora di Focalizzarsi sull’Iran – La Madre del Terrorismo Moderno”).

La Casa Bianca ha anche formato in segreto una commissione chiamata Iran Syria Policy and Operations Group (ISOG) per influenzare i media statunitensi (vedi anche l’analisi sulla propaganda), fornire aiuti di copertura ai dissidenti iraniani, raccogliere informazioni e fare intelligence. Un ex ufficiale statunitense ha detto al Boston Globe che lo scopo del gruppo in Iran era il “cambiamento del regime”. L’ISOG è diretto da due neoconservatori, James F. Jeffrey e Elliott Abrams.

Abrams ha lavorato per l’ex primo ministro israeliano di destra Benjamin Netanyahu ed ha aiutato a scrivere una pubblicazione sulle politiche da adottare, dal titolo “A Clean Break” (“Una chiara rottura”), che sosteneva l’attacco alla Siria, all’Iran ed a Hezbollah imponendo unilateralmente un “insediamento” sui palestinesi. Secondo Inter Press Service, durante la guerra in Libano della scorsa estate, Abrams ha portato un messaggio dall’amministrazione Bush che incoraggiava il governo di Olmert (primo ministro israeliano, ndt) ad attaccare la Siria.

Il ruolo di Israele

Parry indica che una spiegazione per i recenti incontri fra Bush, il primo ministro britannico Tony Blair e Olmert possa essere la pianificazione unitaria su come allargare la guerra in Medio Oriente per coinvolgere l’Iran e possibilmente la Siria. Il governo di Olmert è profondamente impopolare, Blair sta per lasciare il suo ufficio questa primavera e Bush non potrebbe scendere più in basso nei sondaggi senza toccare numeri negativi. In un senso, suggerisce Parry, non c’è niente da perdere se tutti e tre “raddoppiano” la posta scommessa sulla guerra in Iraq.

Se gli israeliani decidono di andare avanti con l’attacco, inizialmente ci sarebbe poco da fare per l’Iran. Date le centinaia di testate atomiche di Israele, ogni replica al fuoco da parte di Teheran sarebbe un suicidio.

Un simile attacco sui due CVBG (gruppi da battaglia di portaerei) statunitensi attualmente dispiegati nel golfo dell’Iran sarebbe ugualmente auto-distruttivo, come lo sarebbe ogni serio tentativo di chiudere lo stretto di Hormuz, attraverso il quale si muove circa il 20 per cento del greggio mondiale. La Casa Bianca ha appena aggiunto un terzo gruppo da battaglia di portaerei.

Ma l’impatto a lungo termine di un attacco nucleare sull’Iran sarebbe potenzialmente catastrofico, e non solo perché infurierebbe gli sciiti in Iraq. Parry dice che anche i dittatori locali a cui Stati Uniti danno appoggio ne sarebbero malcontenti. Hezbollah potrebbe lanciare missili su Israele, Tel Aviv potrebbe decidere di invadere la Siria, accendendo una completa guerra regionale. È anche possibile che il presidente del Pakistan Pervez Musharraf (nonché capo di stato maggiore delle forze armate pakistane; ha preso il potere il 12 ottobre 1999 con un colpo di stato, ndt) cada, dice Parry, “dando, plausibilmente, il controllo dell’arsenale nucleare del Pakistan ai terroristi islamici”. In tale evenienza quasi certamente interverrebbe l’India, accendendo una guerra nucleare in Sud Asia. L’India e il Pakistan furono già pericolosamente vicini a questo nel 1999.

“Per alcuni esperti di politica estera statunitense”, scrive Parry, “questo potenziale disastro che scaturirebbe da un attacco aereo israeliano sull’Iran appoggiato dagli Stati Uniti è così terrificante da fargli credere in ultima analisi che Bush e Olmert non oserebbero attuare un piano simile”.

Potrebbero avere ragione ma molti democratici sono disposti ad unirsi ai repubblicani nell’attacco all’Iran. Il nuovo leader della maggioranza della camera dei rappresentanti degli Stati Uniti d’America Steny Hoyer ha detto al Jerusalem Post che un’Iran col nucleare non sarebbe accettata e, quando gli viene chiesto se appoggerebbe un attacco militare, risponde “non lo escludo”. Aggiungi a questo la pesante pressione da parte dell’AEI, del JINSA e dell’AIPAC (American Israel Public Affairs Committee), assieme a informazioni d’intelligence “già confezionate” che dichiarano che gli iraniani sono in procinto di produrre un’arma nucleare, e potrebbero veramente osare.

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